Sulla scia della sentenza storica contro l’armatore GENAVIR, l’ articolo fa il punto sulla situazione della violenza sessuale nel settore marittimo a partire dal 2019. Nella marina mercantile, nelle scuole di vela, nel comparto della pesca ed in quello della nautica da diporto, sono venute alla luce sempre di più denunce di discriminazione e violenza sessuale in mare grazie alle testimonianze di informatrici ed attiviste che hanno deciso di non tacere.
Il 14 Gennaio, il tribunale di Brest a condannato GENAVIR per mancato rispetto degli standard di sicurezza sul posto di lavoro relativamente a molestie e sessismo. GENAVIR, è la società armatrice delle imbarcazioni per le spedizioni oceaniche di IFREMER, l’Istituto Francese di Ricerca per le esplorazioni in mare. Questa sentenza senza precedenti è il risultato di anni di lotta di professioniste imbarcate e assunte da GENAVIR. Ufficiali, membri dell’equipaggio e scienziate sono state vittime di molestie sessuali e aggressioni, informando inutilmente i superiori sin dal 2017.
Anche negli Stati Uniti recentemente nuove azioni investigative hanno coinvolto Maersk, il gigante mondiale del trasporto marittimo, per non aver rimosso dal loro incarico ufficiali implicati in casi di violenza sessuale, e l’ US Merchant Marine Academy (USMMA) per non aver garantito la sicurezza delle allieve da aggressioni e abusi sessuali. Il primo verdetto di una corte contro un armatore in Francia segna la fine dell’impunità per i molestatori sessuali nel settore marittimo. Tutti gli occhi ora sono puntati sui datori di lavoro.
Per anni, le donne imbarcate per lavoro, le componenti degli equipaggi, le marinaie, le attiviste, hanno provato ad allertare le autorità ed i media riguardo il sessismo e gli abusi sessuali commessi a bordo di tutti i tipi di imbarcazioni e nel settore nautico e marittimo in generale. Nella marina mercantile, nelle scuole di vela, nel settore agonistico, nei servizi online per la ricerca di equipaggi, si inizia a rompere il silenzio e denunce e testimonianze sono in aumento.
Nell’autunno del 2020, Balance Ta Voile ha raccolto più di cinquanta segnalazioni di sessismo e aggressioni sessuali all’interno dell’ emblematica e storica scuola di vela francese Les Glénans. Con più di 15000 soci e socie ogni anno, riconosciuta dal governo francese come associazione di pubblica utilità, è la più antica scuola di vela in Europa e, probabilmente, nel mondo.
Nonostante lo scandalo seguito alla diffusione di queste segnalazioni ha condotto ad una rapida risposta all’interno della scuola (istituzione di uno specifico indirizzo email al quale indirizzare eventuali denunce, formazione del personale , affissione delle informazioni sulla prevenzione nelle barche della scuola), è preoccupante che né la Federazione Vela né Ministero dello Sport abbiano promosso un’indagine su quello che è considerato il maggiore scandalo di sessismo ed aggressione sessuale della storia della nautica da diporto in Francia. Nella maggior parte delle segnalazioni da parte delle vittime, l’autore della molestia sessuale, l’aggressore, il violentatore, è anche l’istruttore.
Mettere insieme tutte queste segnalazioni non sarebbe sicuramente stato possibile senza la diffusione virale della scioccante storia della guardia costa canadese Camille Bacon Couineau risalente al luglio del 2020. La donna è stata molestata di porto in porto dopo essere stata stuprata dal suo istruttore di vela tre anni prima. Il suo post di Facebook è diventato virale sui social media francesi, “Sto raccontando la storia della mia esperienza come donna navigatrice perché ogni volta che la racconto ad un’altra navigatrice, finiscono col raccontarmi una storia quasi identica alla mia. Vorrei che gli uomini si rendessero conto alla nostra realtà in mare”.
Nonostante la pubblicazione nel Dicembre 2019 dell’ambizioso rapporto di World Sailing sulla discriminazione di genere, l’argomento della violenza sessuale all’interno delle scuole di vela o nell’ambiente agonistico rimane confinato principalmente nella cerchia dell’attivismo. Questo documento riporta, per la prima volta, le statistiche che sostengono le accuse delle vittime. Più di 4500 persone da 75 paesi, quasi il 60% delle donne hanno dichiarato di essere state vittime di discriminazioni di genere. In quei paesi dove hanno risposto più di 100 donne, il numero sale all’85%. Nel suo studio, la World Sailing ha raccolto almeno 900 accuse di molestie sessuali. Sono dati vertiginosi che ancora non hanno trovato il loro posto all’interno dell’informazione mainstream.
Oltre al grave scandalo della violenza sessuale nelle scuole di vela, storie altrettanto vergognose sono venute alla luce nell’ambito dei servizi online per creare gli equipaggi. Questi siti completamente privi di regolamentazione permettono alle potenziali crew e agli armatori di entrare in contatto per organizzare gli imbarchi.
Traendo vantaggio dall’entusiasmo legato all’autostoppismo nautico e dal vuoto legislativo che circonda queste attività, i molestatori sessuali, alcuni dei quali già condannati per violenza, pubblicano annunci accattivanti su siti come crewbay.com, findacrew.net, ecc. per cercare nuove vittime. Da quando è stata stuprata da un capitano incontrato tramite crewbay.com, Ella Zahav (pseudonimo di Facebook), israeliana, ha aiutato a fondare un gruppo di auto-aiuto per le donne che vanno per mare su Facebook, e non si è risparmiata per portare alla luce la preoccupante proliferazione dei crimini sessuali in mare. “Mi sono diretta verso il Pacifico per vivere un sogno. Non sono stata messa in guardia da nessuno circa l’esistenza di capitani molestatori che utilizzano le loro barche per intrappolare le donne ed obbligarle ad avere rapporti sessuali a bordo. Nessun cenno a questi episodi viene fatto sui siti sui quali si cercano imbarchi, sui canali Youtube delle donne navigatrici, o in nessun altro posto. Così mi sono imbarcata allegramente e la prima notte il capitano mi ha violentata. Ho detto di no ancora e ancora ma, da sola nell’oceano, non ho mai temuto tanto per la mia vita. Da allora ho incontrato decine di vittime che, come me, devono vivere con la vergogna di essere state intrappolate perché non avevano idea che questo ambiente sia infestato da capitani violentatori che usano questi siti di imbarchi come riserve di caccia.” Tra le altre cose, Ella Zahav sta combattendo perché siano messi online dei banner di avvertimento e consigli sulla sicurezza sui siti per gli imbarchi. Ha inoltre segnalato il manager di uno di questi siti che ha rifiutato di prendere qualunque precauzione per nove mesi. Durante questo periodo ha raccolto ulteriori testimonianze di altre vittime.
Anche l’industria della pesca non è risparmiata da questo fenomeno. Nel febbraio 2021, Vice ha pubblicato un reportage agghiacciante sulle esperienze delle osservatrici della pesca in Canada: “Intrappolate”: Donne che lavorano come osservatrici della pesca dichiarano molestie sessuali e aggressioni in mare. “Dovunque le osservatrici vadano, vengono assalite” dice Liz Mitchel, presidentessa dell’Associazione per gli Osservatori Professionali.
In tutte le denunce ricevute negli ultimi due anni, in Francia, Canada o negli Stati uniti grazie al notevole lavoro del Maritime Legal Aide & Advocacy (MLAA), un’associazione di sostegno legale per le vittime di violenza sessuale in tutto il mondo, emerge che è sempre lo stesso schema a ripetersi:
– Recidivi conosciuti come “lupi bianchi” nell’ambiente nautico
Nel caso dei siti per gli imbarchi, Ella Zahav ha ricevuto così le denunce di due donne che sono state assalite ed attaccate da uno skipper svizzero che era già stato dichiarato colpevole di stupro in Sud Africa. Diverse segnalazioni allarmanti, tra cui figurano due casi di violenza sessuale ed un processo penale pendente, si riferiscono ad un ben conosciuto skipper franco-tedesco. Nel caso GENAVIR, tre ufficiali su quattro segnalati dagli informatori hanno aggredito più di una donna a bordo delle navi.
– Gerarchie complici
Armatori, comandanti, direttori delle scuole di vela o manager dei siti di imbarchi che, in assenza di lamentele formali, e a volte anche a fronte di azioni legali intraprese, chiudono gli occhi davanti alle segnalazioni delle vittime. Nel 2021 il movimento #Prendsmaplainte (accetta la mia denuncia) ha dimostrato gli ostacoli posti alle vittime di violenza sessuale che volevano denunciare. Per le barcastoppiste aggredito, il processo è ancora più complicato perché sono isolate geograficamente e linguisticamente, e spesso non hanno la possibilità fare denuncia.
– Senza protezione legale, medica o supporto psicologico, le carriere delle vittime sono indebolite ed il più delle volte finiscono con l’abbandonare le professioni tecniche, a bordo, per altre, più sicure.
Una cultura di totale impunità regna nei settori nautici e marittimi al giorno d’oggi. “Quello che [le quattro querelanti del caso GENAVIR] descrivono è solo la punta di un iceberg che fa affidamento su un sistema di dominazione fondato sulla cooptazione e l’ostruzionismo maschile, dove gli uomini contano l’uno sull’altro per intimidire, umiliare ed attaccare le donne con l’obiettivo di escluderle e distruggere le loro carriere.” secondo l’European Association Against Violence Towards Women at Work (AVFT). Le donne rappresentano meno del 2% della marina mercantile in tutto il mondo. “A parte i giochi olimpici, il numero delle donne presenti nelle maggiori competizioni di vela rimane trascurabile”. (World Sailing).
Insultate, molestate, attaccate o violentate, discriminate per via del loro genere, le poche donne navigatrici che non abbandonano i lavori in mare, pagano un prezzo alto per continuare a fare il proprio lavoro o per vivere la passione per il mare.
Nel caso di GENAVIR, è stato necessario l’intervento dell’ AVFT per ottenere un’azione interna contro il personale implicato. La campagna preventiva messa in atto nella scuola vela di Glénans è arrivata solo grazie allo scandalo messo in moto su Facebook da Balance Ta Voile. L’ inchiesta del Senato degli Stati Uniti e le misure di sicurezza che ne sono scaturite sono state il risultato della tempesta di indignazione partita dalla pubblicazione del MLAA dell’accusa di una allieva ufficiale che è stata stuprata a 19 anni durante il suo primo imbarco.
E’ tristemente evidente che il rispetto delle leggi del lavoro e della protezione per le donne che vanno per mare si affida esclusivamente al lavoro degli informatori e degli attivisti.